Stamattina io e la nanetta siamo state in giro tutta la mattina a cercare l’occorrente che mi serve per organizzare la sua festa di compleanno. Dovendo incontrare nel tardo pomeriggio Alfredo, abbiamo deciso di fermarci a casa dei miei per riposarci un pochino e soprattutto rinfrescarci.
A casa non c’era nessuno visto che i nonni per tutto il periodo estivo non ci sono e così appena entrati dentro la piccola ha iniziato a girare per la casa ripetendo, tutte le volte che apriva una stanza, “mamma ma la nonna M. non c’è a casa!”. Più per convincersene, credo, che per altro.
Io ero lì ad osservarla e ciò che ho notato particolarmente è stato il suo muoversi disinvolta all’interno della casa deserta nella quale non entrava da circa due mesi, e la padronanza con la quale apriva ante di armadi e cassetti alla ricerca di quelle che ormai sono diventate le “sue cose”.
E così dopo neanche dieci minuti che eravamo dentro eccola a sventolare fuori nel balcone la bandiera colorata con la scritta PACE e poi, incurante del caldo afoso di oggi, spuntare con addosso il mio (ormai ex visto che è diventato di sua proprietà) vestito di carnevale da “principessa Aurora” - come lo chiama lei- e le scarpe con i tacchi (accessorio assolutamente d’obbligo per la ia piccola Miss!), da esibire in balcone chiamando il paziente “Signor Chiavettaaaaaaaa” per farsi vedere tutta agghindata e al quale chiaramente non ha negato l’inchino regale, e poi di nuovo dentro a correre nel corridoio stavolta in mutandine con in testa la cuffia plastificata che si usa per fare la doccia con i suoi urletti acuti di gioia e ancora a rovistare tra i cassetti a cercare le mie foto di quand’ero piccola facendomi mille domande.
Come se mi leggesse nel pensiero a un certo punto mi sono sentita dire: “ Eh, mamma ma io in questa casa ci sono cresciuta!”.
E in realtà come darle torto? Del resto questa è stata la prima casa nella quale è entrata quando siamo uscite dalla clinica in cui ho partorito e quella nella quale trascorre la maggior parte del suo tempo in attesa del mio ritorno dal lavoro.
Tornando a casa stasera, mi sono trovata a pensare come in realtà anche per me e mio fratello, da piccoli come da grandi, è sempre stato naturale muoverci all’interno della casa dei nostri nonni materni.
Da bambini con tutte quelle stanze ci sembrava un castello da esplorare!
Era un continuo sali e scendi per la scala alla scoperta di ogni angolo nascosto.
Nel cassetto della macchina da cucire della nonna Tita, per esempio, trovavo sempre dei bottoni bellissimi che sembravano dei gioielli preziosi, e poi era - ed è tuttora!- meraviglioso specchiarsi nello specchio grande che c’è nella camera da letto dei nonni così come aprire l’armadio e i bauli alla ricerca dei vestiti e delle borsette vintage di mamma e delle sue sorelle.
E poi il “rito” di aprire la scatola con le foto...
Solo con essa è possibile ricostruire l’albero genealogico della famiglia! Contiene le foto in bianco e nero di nonna a tre anni con i suoi genitori e quelle in cui era fidanzata col nonno Totò e anche quella del loro matrimonio; le foto del nonno quand’era militare e quelle di mamma bambina e poi ragazza insieme alle sue sorelle e allo zio e anche quelle di quando era fidanzata con papà, nonché le tradizionali foto di gruppo dei parenti americani che altrimenti non avremmo mai potuto conoscere!
Ci sono anche le foto nostre e dei miei cugini da quando eravamo bambini fino ad oggi e adesso pure quelle dei nostri figli.
Ogni singola stanza di questa casa con i suoi odori e gli oggetti che contiene, dal profumo del sugo profumato di basilico e delle cotolette gustosissime che solo la nonna sa preparare così buone! al modellino di aeroplano in legno costruito dal nonno quando era in guerra, mi appartiene, nel senso che è proprio parte di me: della mia storia e della mia vita, chiaramente.
Rappresenta il mio legame con il passato ma è anche il mio presente e il mio futuro perché come mi ha fatto comprendere oggi la mia piccola saggia anch’io in quella casa ci sono cresciuta e come lei anch’io quando ci entro ho bisogno di andare alla ricerca delle mie “cose”.
A casa non c’era nessuno visto che i nonni per tutto il periodo estivo non ci sono e così appena entrati dentro la piccola ha iniziato a girare per la casa ripetendo, tutte le volte che apriva una stanza, “mamma ma la nonna M. non c’è a casa!”. Più per convincersene, credo, che per altro.
Io ero lì ad osservarla e ciò che ho notato particolarmente è stato il suo muoversi disinvolta all’interno della casa deserta nella quale non entrava da circa due mesi, e la padronanza con la quale apriva ante di armadi e cassetti alla ricerca di quelle che ormai sono diventate le “sue cose”.
E così dopo neanche dieci minuti che eravamo dentro eccola a sventolare fuori nel balcone la bandiera colorata con la scritta PACE e poi, incurante del caldo afoso di oggi, spuntare con addosso il mio (ormai ex visto che è diventato di sua proprietà) vestito di carnevale da “principessa Aurora” - come lo chiama lei- e le scarpe con i tacchi (accessorio assolutamente d’obbligo per la ia piccola Miss!), da esibire in balcone chiamando il paziente “Signor Chiavettaaaaaaaa” per farsi vedere tutta agghindata e al quale chiaramente non ha negato l’inchino regale, e poi di nuovo dentro a correre nel corridoio stavolta in mutandine con in testa la cuffia plastificata che si usa per fare la doccia con i suoi urletti acuti di gioia e ancora a rovistare tra i cassetti a cercare le mie foto di quand’ero piccola facendomi mille domande.
Come se mi leggesse nel pensiero a un certo punto mi sono sentita dire: “ Eh, mamma ma io in questa casa ci sono cresciuta!”.
E in realtà come darle torto? Del resto questa è stata la prima casa nella quale è entrata quando siamo uscite dalla clinica in cui ho partorito e quella nella quale trascorre la maggior parte del suo tempo in attesa del mio ritorno dal lavoro.
Tornando a casa stasera, mi sono trovata a pensare come in realtà anche per me e mio fratello, da piccoli come da grandi, è sempre stato naturale muoverci all’interno della casa dei nostri nonni materni.
Da bambini con tutte quelle stanze ci sembrava un castello da esplorare!
Era un continuo sali e scendi per la scala alla scoperta di ogni angolo nascosto.
Nel cassetto della macchina da cucire della nonna Tita, per esempio, trovavo sempre dei bottoni bellissimi che sembravano dei gioielli preziosi, e poi era - ed è tuttora!- meraviglioso specchiarsi nello specchio grande che c’è nella camera da letto dei nonni così come aprire l’armadio e i bauli alla ricerca dei vestiti e delle borsette vintage di mamma e delle sue sorelle.
E poi il “rito” di aprire la scatola con le foto...
Solo con essa è possibile ricostruire l’albero genealogico della famiglia! Contiene le foto in bianco e nero di nonna a tre anni con i suoi genitori e quelle in cui era fidanzata col nonno Totò e anche quella del loro matrimonio; le foto del nonno quand’era militare e quelle di mamma bambina e poi ragazza insieme alle sue sorelle e allo zio e anche quelle di quando era fidanzata con papà, nonché le tradizionali foto di gruppo dei parenti americani che altrimenti non avremmo mai potuto conoscere!
Ci sono anche le foto nostre e dei miei cugini da quando eravamo bambini fino ad oggi e adesso pure quelle dei nostri figli.
Ogni singola stanza di questa casa con i suoi odori e gli oggetti che contiene, dal profumo del sugo profumato di basilico e delle cotolette gustosissime che solo la nonna sa preparare così buone! al modellino di aeroplano in legno costruito dal nonno quando era in guerra, mi appartiene, nel senso che è proprio parte di me: della mia storia e della mia vita, chiaramente.
Rappresenta il mio legame con il passato ma è anche il mio presente e il mio futuro perché come mi ha fatto comprendere oggi la mia piccola saggia anch’io in quella casa ci sono cresciuta e come lei anch’io quando ci entro ho bisogno di andare alla ricerca delle mie “cose”.
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